Tra i miei innumerevoli difetti ce n’è uno che non sono mai riuscito a correggere: sono sempre troppo puntuale, e a volte mi spingo ben oltre il limite del ragionevole anticipo. Anche alla Stampaben, complice il fatto che partivo prestissimo da casa per prevenire intoppi e contrattempi di percorso, timbravo il cartellino ogni mattina quindici o venti minuti prima dell’inizio effettivo dell’orario di lavoro: a quell’ora, infatti, c’era quasi sempre Sfuriotti che apriva la ditta e disabilitava il sistema di allarme. Questa mia follia durò una buona decina d’anni, e posso sostenere senza tema di smentita di avere regalato all’azienda non meno di cinquecento ore di lavoro.

Quei venti minuti per me erano estremamente preziosi: accendevo tutti i computer, ricontrollavo le scadenze di consegna, riordinavo le schede di lavoro, compilavo il work planning della giornata e rispondevo alle mail presenti nella mia casella di posta. In questo modo, alle otto in punto ero operativo al cento per cento: di solito Trappolini, che arrivava un po’ quando voleva e non aveva neanche l’obbligo di timbrare, come prima cosa mi convocava per il briefing mattutino. E nel corso di quest’ultimo, tra un’umiliazione e l’altra, impostavamo i nuovi lavori da sviluppare e controllavamo l’avanzamento di quelli in corso.

Uno dei tanti vizi di Trappolini era quello di usare le risorse dell’azienda – umane e materiali – per scopi personali: non era affatto raro dover creare grafiche o stampare materiale per i suoi amici, o per la squadra di basket della quale era allenatore. Una mattina prese un foglio e scrisse su di esso “Gioielleria Brachetti”. Sotto, più in piccolo, indirizzo, telefono, sito web, partita IVA e gli altri, consueti dati secondari; mi consegnò l’appunto e mi disse, con un tono decisamente intimidatorio: “Questo è il nuovo negozio di un mio amico; deve fare logo, biglietti da visita, buste e carta intestata. Colori nero e bordeaux. Ma non metterci più di mezz’ora”.

Terminato il briefing salii in ufficio e cominciai la routine tipica della seconda ora di lavoro: rispondere alle mail arrivate nel frattempo, controllare le prove di stampa, passare ai miei colleghi i nuovi lavori da impaginare, aggiornare il work planning e tante altre, indispensabili cose. Poi ci si misero anche Timento, che pretese una modifica volante su un suo progetto, e uno dei tanti clienti abituali che saltavano la reception e si presentavano nell’ufficio grafico senza appuntamento né preavviso. Alle dieci e un quarto riuscii finalmente a prendere in mano il foglietto di Trappolini e ad iniziare la creazione del logo della Gioielleria.

Stavo scorrendo i font presenti sul mio computer, quando il mio beneamato collega fece irruzione nello studio. Diede uno sguardo al monitor, e quando vide la scritta “Gioielleria Brachetti” ancora in Helvetica e di colore nero si infuriò come un puma. “Ancora non hai finito? Ti avevo detto di metterci al massimo mezz’ora!”. Quando la vena del suo collo tornò a dimensioni più consone ad un essere umano gli feci notare la moltitudine di cose piccole e grandi che avevo dovuto smaltire prima di dedicarmi al suo lavoro. “Non mi interessa niente di Fausto, di Pinco e di Pallino, ti ho dato questo lavoro alle nove, sono quasi le dieci e mezza e ancora non è pronto!”.

Per esperienza pregressa, sapevo che replicare a Trappolini quando era in stato di trance furiosa avrebbe portato solo ad una escalation di urli fin quasi a mezzogiorno. Pacatamente, e senza polemizzare ulteriormente gli dissi: “Adesso lasciami lavorare, e tra mezz’ora torna a prendere il progetto finito”. Così fu, anche se ammetto che dovetti un po’ tirare via, per non sforare quel tempo così ristretto; in compenso, questa storia mi aprì gli occhi: io, che fino a quel giorno avevo regalato centinaia di ore di lavoro all’azienda, dovevo sentirmi massacrare in quel modo per una questione di mezz’ora? No, grazie. E dalla mattina successiva, per i restanti sei anni della mia carriera in Stampaben, timbrai con precisione svizzera alle ore 7, 59 minuti e 59 secondi.

Body shaming
Due pesi e due misure