Quando, nel 1998, entrai a far parte dello staff della Stampaben, portai una ventata di innovazioni come mai si era mai vista prima in quell’azienda. Organizzai un archivio degno di tale nome laddove c’erano solo fogli volanti e appunti sparsi, introdussi le schede di lavoro, iniziai a realizzare fotomontaggi e fotoritocchi, che fino a quel momento nessuno aveva mai fatto. In quegli anni cominciai anche ad avvicinarmi al web design, e al di fuori della ditta diedi vita ai miei primi siti. Si era ancora in una fase abbastanza primitiva, se paragonata a quella attuale, ma nel giro di poco tempo fui in grado di creare pagine html di discreto livello, grazie anche alla mie conoscenze pregresse in tema di grafica, impaginazione e copywriting.

Nei primi anni duemila la Stampaben disponeva di un dominio, ma non aveva un vero e proprio sito: solo una paginetta tutta bianca, con il logo al centro e alcuni dati sotto di esso. Riuscii ad ottenere da Pierluigi (il ragioniere) i dati di accesso FTP, e iniziai a costruire un sito che potesse definirsi tale. Lo facevo un po’ a casa, un po’ nella pausa pranzo e un po’ nei venti minuti che ricavavo ogni mattina arrivando al lavoro con larghissimo anticipo: dopo un paio di mesi il mio lavoro era terminato, e finalmente la Stampaben potè presentarsi in modo decente al popolo della rete. Nel sito c’era una sezione dedicata alle lavorazioni accessorie, una ai tipi di carta, la pagina “chi siamo”, quella “dove siamo” completa di cartine interattive, l’area contatti e una nutrita galleria fotografica di esempi di stampa.

Non mancava praticamente nulla, solo le foto erano perfettibili: ma in confronto alla paginetta semivuota di qualche tempo prima, il passo avanti era evidente. Ovviamente nessuno si scomodò a dirmi bravo o a darmi una pacca sulla spalla per congratularsi del lavoro svolto, ma ormai ero rassegnato al fatto che in quella ditta non avrei mai ricevuto nessun tipo di gratificazione. Il sito restò sostanzialmente lo stesso per una buona decina d’anni, anche perché si trattava del periodo d’oro dell’azienda – prima della Grande Crisi – e non avrei avuto il tempo materiale di apportare migliorie e modifiche.

All’inizio del decennio successivo la mia conoscenza del web design era aumentata parecchio, perché non avevo mai smesso di studiare html, css, javascript e gli altri linguaggi necessari alla creazione di pagine web. Anche per questo proponevo spesso alla dirigenza della Stampaben di iniziare a produrre siti per la nostra clientela, sia per differenziare la proposta commerciale che per attirare nuove possibilità di lavoro: ça va sans dire, ogni mio tentativo di aprire nuovi orizzonti veniva cassato senza appello. In seguito dell’arrivo della crisi, mi ritrovai ad avere di quando in quando delle mezz’orette libere; e poco alla volta, sfruttando questi vuoti di lavoro, riuscii a ristilizzare il sito e a introdurre tecniche al passo dei tempi come jQuery, html5 e css3. Purtroppo le immagini restavano non all’altezza del resto, ma i titolari non vollero spendere denaro per un fotografo professionista né noleggiare le attrezzature necessarie per una sessione di still-life.

Evidentemente la crisi non era sufficiente, a parere di Fausto Timento, per mettere in difficoltà la Stampaben: in quel periodo decise così di introdurre la figlia Chiara nei ranghi dell’azienda. Come il padre, la ragazza era priva di qualsiasi forma di talento, ma cominciò subito a far sentire la sua presenza. Una mattina Timento senior fece irruzione nel mio studio, e senza neanche un buongiorno di circostanza venne subito al dunque: “È vero che il nostro sito fa ridere?”. Quella dell’accusa diretta senza preamboli era una tecnica di mobbing molto usata da capi e capetti, perché coglieva la vittima impreparata all’autodifesa. Infatti la mia risposta non fu immediata: lo guardai per alcuni secondi, incredulo, poi replicai: “Dipende da chi l’ha detto”. “Me l’ha detto mia figlia, lei è laureata e ne capisce, dice che il sito è ridicolo”.

Feci notare al mio beneamato titolare come il sito fosse tecnicamente ineccepibile, e anche troppo bello per essere stato realizzato nei ritagli di tempo. Ma quando la Timentina diceva una cosa, dall’alto della sua esperienza plurisettimanale nel settore, per suo padre era la sacrosanta verità. Questo episodio sarebbe stato solo il primo di una serie che avrebbe portato, qualche anno più tardi, al mio licenziamento a favore della ragazza: purtroppo costei aveva non un coltello, ma un’ascia dalla parte del manico, e probabilmente frustrata dall’invidia per chi sapeva lavorare sul serio non si faceva pregare per usarla. Alla Stampaben il nepotismo arrivava alla sua espressione più estrema: la figlia del capo, in quanto tale, aveva ragione a prescindere.

Dopo poco tempo il mio sito fu sostituito con un template WordPress elaborato da un amico di Chiara; elaborato nel senso che era stato inserito il logo aziendale nello spazio ad esso destinato. Seppi poi che il sedicente amico si era fatto pagare non poco per il lavoro, consolidando così la mia tesi iniziale: la giovane Timento aveva deciso di utilizzare i fondi della Stampaben per foraggiare personaggi di sua conoscenza esterni alla ditta. In questo modo avrebbe preso i due proverbiali piccioni con una fava: da una parte avrebbe placato la sua invidia umiliando per procura i dipendenti, dall’altra avrebbe garantito guadagni facili alla sua cerchia di amici, aumentando altresì la sua popolarità tra di essi. Machiavelli, in confronto, era un dilettante.

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