Anche dopo la chiusura dello studio Grafite la congregazione anonima dei cialtroni decise che avrei meritato ulteriori attenzioni. Ebbi la relativa fortuna di riottenere il posto alla Bellerofont, ma cercavo comunque di espandere i miei contatti di lavoro: in quell’azienda, e ancor di più alla Stampaben, era fin troppo chiaro che non avrei mai potuto esprimere completamente le mie potenzialità. A parte rari casi di persone per bene, incontrai così un’ulteriore sequela di elementi disonesti, avidi, falsi e approfittatori: l’effetto carta moschicida era ben lontano dall’essere esaurito, e nuovi insetti arrivarono a frotte per ricordarmi – se mai ne avessi avuto bisogno – che l’onestà e la correttezza non pagano.

Il moscone più grosso dell’ondata post-Grafite fu un certo Ermanno. Me lo fece conoscere un vecchio amico e collega: si trattava di una persona stranissima, tronfia e piena di sé, con idee commerciali e progetti al limite della follia. Aveva bisogno di un web designer per mettere in piedi un portale dal funzionamento complicatissimo: non scenderò troppo nei dettagli, ma ricordo che fin dal primo incontro mi permisi di esprimere i miei dubbi sull’usabilità del sito e sulle sue contorte meccaniche. Mi disse che non avrei dovuto preoccuparmi, aveva un’esperienza di anni in quel ramo specifico e sapeva perfettamente quello che stava facendo: così realizzai una struttura di base perfettamente funzionante, della quale Ermanno fu entusiasta, completa di una mezza dozzina di loghi studiati appositamente per le varie sezioni. Preparai il CD contenente il progetto e glielo consegnai, parzialmente ricompensato da un congruo anticipo.

Il contenuto del CD, che in sostanza era l’interfaccia front-end del portale, era destinato ad essere elaborato e “meccanizzato” dalla squadra di programmatori che Ermanno aveva assunto appositamente per sviluppare il progetto. Passarono alcune settimane di silenzio, durante le quali verosimilmente emersero i limiti oggettivi del concept: il portale, così come era stato pensato, non poteva funzionare, ed Ermanno si accorse di aver buttato del denaro. Così pensò bene di rifarsi della perdita cominciando dai pesci più piccoli, e mi vidi arrivare una lettera dal suo avvocato nella quale mi veniva richiesta la restituzione dell’acconto e il pagamento di danni non meglio specificati. Respinsi con decisione le accuse, ricordando di essere stato il primo ad esprimere le mie perplessità sul portale: la cosa finì lì, ma la stretta allo stomaco causata dalla vista di quella lettera mi fa male ancora oggi.

Non da meno fu il comportamento di Sandro, titolare di un blog di cucina e ricette. Dovendo rimodernare l’aspetto del sito mi contattò, e insieme decidemmo il nuovo aspetto grafico: anche in questo caso, come già era successo con Ermanno, l’entusiasmo era alle stelle. Trasferii tutti i contenuti testuali dal vecchio blog al nuovo, premurandomi di correggere l’infinità di refusi prodotti dall’autore; modificai tutte le immagini per adattarle al nuovo layout, realizzai un nuovo logo e modificai il CMS per seguire font e colori della neonata grafica. Era già un lavoro enorme, ma Sandro aveva ogni giorno modifiche da apportare, ripensamenti e aggiunte spesso complesse: dopo un mese avevo già lavorato almeno cento ore al progetto, e la cifra concordata inizialmente cominciò ad andare davvero stretta. Commisi l’errore di farglielo notare, e fu il dramma: scavalcando a piedi pari ogni ipotesi di trattativa passò direttamente agli insulti personali, coprendomi di infamia per la grande scorrettezza della quale mi ero macchiato. Evidentemente era convinto di poter fare modifiche a vita in virtù della cifra pagata inizialmente, ma non mi risulta che nel mondo degli affari le cose funzionino così.

Il sogno sfumato
La teoria della carta moschicida: terza parte